Non lo famo ma lo dimo, ovvero il rovesciamento dello show don’t tell

da | Gen 12, 2023 | Sulla scrittura | 0 commenti

La nuova stagione di Boris mi è piaciuta tantissimo. Tra i tanti spunti che offre ce n’è uno che ho trovato grandioso: “Non lo famo ma lo dimo.”

Per chi non l’ha vista (ma vedetela)…

La troupe che sta girando il film sulla vita di Gesù Cristo deve far fronte alle scarse risorse del budget e quindi viene fuori l’idea di fare come nei film dei Vanzina: invece di far vedere un incidente automobilistico (che costerebbe un sacco per gli stuntman, le macchine da buttare e gli effetti speciali), c’è sempre qualcuno che quell’incidente incredibile lo racconta a voce. Perché sì, girare una scena può essere molto costoso, ma girare una scena con un personaggio che racconta rende tutto molto più economico.

E così allo stesso modo si decide che i miracoli di Gesù, complicatissimi da portare in scena, verranno raccontati direttamente dagli apostoli. Invece del “lo famo”, in cui bisognerebbe trovare il modo di moltiplicare i pani e i pesci e di camminare sull’acqua, col “lo dimo” è sufficiente che un apostolo dica: “Ehi, lo sai che cos’ha fatto Gesù?” 

“Non lo famo ma lo dimo!” (ossia “non lo facciamo ma lo diciamo”) è la soluzione che diventa una specie di rivoluzione copernicana, la panacea per risolvere i limiti economici della produzione.

Ed ecco il comandamento Show, don’t tell rovesciato 

“Non lo famo ma lo dimo” è, a ben vedere, anche il rovesciamento narrativo del tanto osannato e spesso abusato “show don’t tell” (ossia “mostra, non dire”, ossia in pratica “non lo dimo, ma lo famo”). Abusato perché per certi adepti dello “show don’t tell” non esisterebbe altro modo di raccontare una storia. Il che è vero per una sceneggiatura, ma molto meno per quanto riguarda la narrativa: in un romanzo o in un racconto non sempre mostrare tutto è la soluzione più efficace. A volte raccontare invece di mostrare evita lungaggini inutili.

Ma di sicuro, anche nella narrativa, lo show don’t tell è lo strumento migliore che si può utilizzare nelle scene clou, come potrebbe essere un miracolo compiuto da Gesù.

Invito quindi gli aspiranti scrittori a fare un ragionamento molto semplice: qual è la differenza di costo di una pagina scritta in cui mostrate un incidente automobilistico e di una pagina scritta in cui fate raccontare l’incidente da uno dei personaggi?

Già, nessuna.

E allora non sarebbe meglio lasciare le soluzioni facili alla troupe senza soldi di Boris e utilizzare al meglio tutte le carte a disposizione?

Perché in fondo, nelle storie come nella vita, fare è sempre meglio che dire.

La quarta stagione di Boris
Andrea Malabaila

Andrea Malabaila

Sono nato a Torino nel 1977. Ho pubblicato il primo romanzo a ventitré anni e da allora il vizio della scrittura non mi ha più abbandonato. Fino a qui i romanzi sono sette: “Quelli di Goldrake” (Di Salvo, 2000), “Bambole cattive a Green Park” (Marsilio, 2003), “L’amore ci farà a pezzi” (Azimut, 2009; Clown Bianco, 2021), “Revolver” (BookSalad, 2013), “La parte sbagliata del paradiso” (Fernandel, 2014) e “Green Park Serenade” (Pendragon, 2016), “La vita sessuale delle sirene” (Clown Bianco, 2018), “Lungomare nostalgia” (Spartaco, 2023).
Nel 2007 ho fondato Las Vegas edizioni, di cui sono Sindaco, direttore editoriale, oscuro burocrate e facchino.
Insegno Scrittura Creativa alla Scuola Internazionale di Comics di Torino.
Nella prossima vita voglio essere l’ala destra della Juventus Football Club, nella precedente avrei voluto essere uno dei Beatles.

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