Fantasia o regole: cosa serve alla creatività?

da | Nov 21, 2018 | pop & rock, Sulla scrittura | 0 commenti

Una sera mi è capitato di vedere un’audizione di X Factor in cui la cantante di turno ha mostrato il catalogo completo di tutti gli errori tipici del dilettante. Non mi riferisco al dilettante della musica, ma al dilettante in generale: vale anche per la scrittura.
La cantante in questione ha fatto un’esibizione molto contestata dai giudici perché ha scelto di portare un pezzo un po’ furbetto per stile e testo, e soprattutto poco adatto a lei e alla sua età. Al che è salito sul palco il suo compagno a difenderla – orrore! – e lei ha insistito a dire che i giudici avevano torto, che il pubblico l’aveva applaudita – ma dove? – e infine è riuscita a dire queste due fatidiche frasi:

“Esiste la fantasia!”

e poi

“Sentiamoci liberi di scrivere come ci va!”

Ecco, no.
Non funziona così. La fantasia va bene per i temi delle elementari e per essere elogiati dalla maestra. Dopodiché la fantasia dura e pura non basta più, ma deve essere supportata da consapevolezza, studio, lavoro, e tante tante regole. Sì, le famigerate regole. Le regole esistono in tutti i campi, dalla cucina all’origami, e vanno conosciute. Poi, se sei abbastanza bravo, puoi anche provare a piegarle o addirittura a stravolgere, ma prima di scalare l’Everest bisogna imparare a camminare. Picasso non è nato cubista. Ha imparato a disegnare e dipingere benissimo e solo in seguito ha provato a inventare uno stile nuovo e personale.

Guarda caso, chi è meno consapevole di quello che fa è anche meno disponibile ad accettare le critiche, si sente subito attaccato e non avendo elementi a cui aggrapparsi per difendersi finisce per fare la parte del genio incompreso, della vittima del sistema che per un complotto globale lo vuole escludere. La cantante di cui sopra ha sbagliato soprattutto perché ha cercato giustificazioni campate in aria per nascondere le sue lacune. Non sapendo come controbattere alle critiche dei giudici, si è appellata alla “fantasia”, che per lei era il modo più educato di rispondere “faccio il cacchio che mi pare”.

Nessuno “deve sentirsi libero di scrivere come gli va”. A meno che non lo voglia fare per se stesso, senza confrontarsi con chi c’è là fuori. Si può fare, eh, ma allora non si va su un palco, non si pubblica, e si rimane nella propria cameretta.

[Foto: Markus Spiske on Unsplash]

Andrea Malabaila

Andrea Malabaila

Sono nato a Torino nel 1977. Ho pubblicato il primo romanzo a ventitré anni e da allora il vizio della scrittura non mi ha più abbandonato. Fino a qui i romanzi sono sette: “Quelli di Goldrake” (Di Salvo, 2000), “Bambole cattive a Green Park” (Marsilio, 2003), “L’amore ci farà a pezzi” (Azimut, 2009; Clown Bianco, 2021), “Revolver” (BookSalad, 2013), “La parte sbagliata del paradiso” (Fernandel, 2014) e “Green Park Serenade” (Pendragon, 2016), “La vita sessuale delle sirene” (Clown Bianco, 2018), “Lungomare nostalgia” (Spartaco, 2023).
Nel 2007 ho fondato Las Vegas edizioni, di cui sono Sindaco, direttore editoriale, oscuro burocrate e facchino.
Insegno Scrittura Creativa alla Scuola Internazionale di Comics di Torino.
Nella prossima vita voglio essere l’ala destra della Juventus Football Club, nella precedente avrei voluto essere uno dei Beatles.

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